Guarda il cielo e gli sembra di volare. Un sussulto nelle tenebre. Fissa quella luna a tre quarti che pare fissarlo a sua volta. Distoglie lo sguardo per un momento, un battito di ciglia.
Volge il capo in basso e scruta nel buio del prato cercando i flash delle lucciole. Chiude gli occhi e inspira profondamente l’aria fresca d’autunno, fingendo che sia una lieve brezza marina.
Poi, improvvisamente, stacca le mani dalla ringhiera e apre gli occhi. Guarda l’orologio al polso e i numeri fluorescenti indicano che è ora di andare.
Rientrato dal terrazzo scende in garage. L'auto è già pronta, con tutto il necessario sotto il piano dello spazioso bagagliaio, al posto della ruota di scorta. Come sempre.
Per strada non c'è quasi nessuno, tutti sono incollati ai televisori per la partita. Meglio così, perchè lo aspetta oltre un'ora di guida e a lui non piace infrangere i limiti di velocità.
Arrivato sul posto scende dall'auto che lascia accesa e va ad aprire il lucchetto della pesante catena che chiude il cancello di ferro. I due grossi cani da guardia lo riconoscono e non emettono rumori mentre gli si fanno incontro. Lui li respinge ordinando loro di tornare a posto. Risale in macchina e prosegue oltre il cancello facendo qualche metro. La parcheggia dietro alcuni massi in modo che non sia visibile dalla strada. Quindi torna a chiudere il cancello e s'incammina.
Gli è sempre piaciuto questo posto isolato ma allo stesso tempo abbastanza facile da raggiungere.
Scendeno i gradini ricavati nella terra battuta illumina il suolo con la sua piccola torcia elettrica; non ci sono case attorno e di notte è buio pesto. A stento intravede la sagoma della baracca di cemento in mezzo al fitto del boschetto. Qui ha voluto sistemare una porta solida con tanto di serratura blindata, per evitare inconvenienti.
Apre ed entra, richiudendo subito alle sue spalle. Nel buio completo si ferma e ascolta. La carogna sta ansimando e dev'essere spaventato a morte. Ma non abbastanza.
Tira fuori i fiammiferi e accende l'antica lampada a petrolio sul ripiano alla sua destra. Una luce fioca illumina la piccola stanza senza finestre.
Sulla vecchia sedia da barbiere inchiodata al centro del pavimento, c'è l'uomo completamente nudo e imbavagliato, con le mani e le caviglie saldamente legate al metallo sottostante. E' molto sudato ma per il resto in discrete condizioni. Dopo tutto sono passate solo poche ore da quando sta lì.
Portarcelo non era stato troppo difficile. Lo seguiva da mesi e lo aveva avvicinato fuori da casa sua, al ritorno da una partita di bowling. Con la scusa di un informazione stradale, mostrando una cartina della città, lo aveva attirato verso la sua auto. Quello era stato così gentile da sporgersi con la testa fin dentro, attraverso il finestrino. In quel momento lui, velocissimo, l'aveva stordito con il taser che teneva dietro la carta. A quel punto l'animale si era afflosciato contro lo sportello e, nella strada deserta, l'aveva raccolto e caricato nel baule, legato e imbavagliato, per poi andarlo a depositare nel suo posticino speciale.
Ora stanno lì, lui in piedi e l'altro forzatamente seduto.
Lui a guardarlo con schifo e odio, l'altro con terrore e interrogazione.
Aveva pensato di toglierli il bavaglio per sentirlo un po' gridare (prima insulti d'ogni tipo e poi implorazioni) fino a che non si fosse messo a piangere. Di solito questa cosa riesce a motivarlo, lo rende più lucido e concentrato. Ma questa volta no.
La rabbia che sente bruciare dentro è sufficiente. E' schifato, nauseato da quell'individuo e il suo unico desiderio è di ridurlo al più presto soltanto ad un triste ricordo.
Poggia a terra la sacca che si è portato e la apre lentamente, osservando il verme che inutilmente si divincola in modo sempre più furioso.
Estrae un trapano a batteria, un grosso coltello da caccia, un paio di cesoie e una piccola fiamma ossidrica portatile.
Alla vista degli oggetti l'altro prova ad urlare, senza emettere alcun suono. La paura è così forte che, non trovando alcuno sfogo, gli fa perdere ogni controllo e una pozza di urina inizia ad allargarsi a terra.
Lui coglie la cosa come un segno e comincia il lavoro.
La prima coltellata è un fendente superficiale sull'addome flaccido, dal quale inizia a sgorgare un po' di sangue. La seconda è più profonda e gli apre uno squarcio della lunghezza di una spanna sul quadricipite della coscia sinistra. Esce molto sangue e s'intravedono i tessuti muscolari.
Lui osserva il rosso acceso che luccica sulla lama d'acciaio. Guarda il viso che comincia a sbiancare e poi lo fissa nuovamente negli occhi dove trova la solita richiesta di pietà che da tempo ha imparato ad ignorare.
Così lascia l'arma a terra e prende il trapano. Gli buca prima il ginocchio sinistro, poi il destro e dopo poco entrambi i polsi. L'animale sviene per il dolore. Ma non è così che deve andare.
Lo sveglia gettandogli dell'acqua in faccia e subito quello prende ad agitarsi più di prima.
Perciò passa alla fiamma ossidrica ed inizia a bruciarlo un po' ovunque: le braccia, il petto, le piante dei piedi, il collo.
Ad ogni ustione, ad ogni sussulto di dolore, lui si sente un po' meglio, purificato.
Ora è del tutto incosciente e con tutto il sangue perso difficilmente potrà riprendersi ancora.
Stufo di quel patetico essere riprende il coltello e glielo pianta dritto nel cuore. Dopo poche convulsioni finalmente è finita ma lui resta lì a rigirare la lama ancora un po', giusto per essere sicuro.
Estrae il coltello dal petto e prende le cesoie. Con un taglio netto amputa il pene dal corpo ormai senza vita e lo sistema in un barattolo che ripone nella borsa. Dà un'occhiata al pavimento, completamente ricoperto da un misto di sangue, urina e acqua.
Slega il cadavere e lo infila in un grosso sacco di tela.
E' molto forte ed allenato ma gli costa comunque un certo sforzo portare il sacco fino alla fossa che ha scavato tra gli alberi, due giorni prima. Lo butta dentro e comincia a coprirlo di terra. Quando ha finito, il cielo inizia a schiarirsi e, nella luce dell'alba, ammira la sua ultima fatica vicino agli altri tre mucchi della stessa grandezza.
Un paio di giorni dopo ascolta il giornale radio:
"Ancora in azione il presunto omicida che potrebbe aver già fatto diverse vittime. E' stata infatti recapitata alla questura di... la quarta busta contenente un pene umano. Il macabro feticcio era accompagnato da poche righe stampate di cui le autorità non hanno rivelato il contenuto. La polizia è impegnata nelle ricerche del responsabile e degli eventuali cadaveri..."
Nel buio della sua casa riflette ed è compiaciuto per due motivi: si sente al centro dell'attenzione e, soprattutto, sa che non lo prenderanno mai. Sorride.
...Continua?